Luca Zamboni

Luca Zamboni
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Luca Zamboni, ideatore di Beddy insieme ad Alessandro Privitera e Romesh Perera. “Se non esiste qualcosa bisogna crearlo da sé”. Così Luca, da un ricovero in ospedale e da un articolo di giornale, ha trovato l’ispirazione per un’idea che gli ha fatto vincere il terzo posto a «Qui si fa» a Verona.

Intervista di Maria Sole Farinelli

Parole: 642 | Tempo di lettura: 3 minuti

Luca com’è nata l’idea di Beddy?

Era un anno fa circa. Una sera io, Alessandro e Romesh ne parlavamo, e da lì abbiamo cercato sempre di dettagliare meglio la struttura del nostro progetto. Continuiamo a farlo, infatti a breve svilupperemo alcuni giochi.

Beddy in che cosa consiste esattamente?

Beddy è un’unione di un’esperienza personale di quando sono stato ricoverato e del desiderio del bambino di vedere al di fuori della stanza del proprio reparto. Qualche tempo fa ho letto un articolo online di alcuni bambini ricoverati in un ospedale negli Stati Uniti, i quali avevano attaccato sulla finestra un cartellone con scritto «Pizza». Grazie a questa loro forma di comunicazione ottennero quello che sognavano, era il loro modo di guardare al di là della finestra del reparto. Ricordo che quando ero io in ospedale il tempo che trascorrevo nella mia stanza era piuttosto noioso, così ho pensato che ci fosse l’esigenza di dare vita a Beddy.

L’idea è di sviluppare un’applicazione, grazie alla quale il bambino possa, attraverso i giochi, trascorrere il tempo in modo divertente, magari con i compagni di stanza. C’è anche l’intento ad aiutarlo a sfatare le paure nei confronti della medicina e dei medicinali stessi. In modo divertente e ludico vorremmo che maggiori informazioni venissero maggiormente veicolate, per aiutare il bambino a superare i suoi timori.

Spesso manca la mamma, l’ambiente famigliare, quindi vorremmo che il bambino potesse giocare con lei attraverso dei giochi. Sto pensando ad esempio ad un gioco che registra voci, e tu, riconoscendole, devi trovare la coppia di suoni simili. Una sorta di Memory . Vorremmo anche che il bambino e il personale di reparto inserissero i loro dati per conoscersi meglio; ad esempio da dove vengono, per scoprire insieme le provenienze degli altri giocatori. Magari, in questo modo, si inizia a scherzare con persone di cui potevi provare timore, soggezione. “Giochiamo, ridiamo, scherziamo, e quando ci incontriamo ci ricordiamo di avere giocato insieme e il timore svanisce”. 

Pensi che ce ne sia la necessità?

Direi proprio di sì, perché trascorrere del tempo in ospedale è noioso per gli adulti, ma soprattutto per i più piccoli. Esistono già attività  di animazione, ma sono sempre legate ad una persona specializzata, clown o animatore, e senza di essa le attività non possono avvenire. Credo sia giusto sfruttare le attuali tecnologie e rendere le attività d’intrattenimento o d’animazione permanenti in ospedale.

Che valore aggiunto pensi che abbia Beddy rispetto alle altre idee imprenditoriali che sono state presenti al concorso?

Le altre idee che ho sentito vedono come utente finale il cittadino, mentre Beddy si specializza a una nicchia, ad un target specifico. I punti di forza credo siano stati il tema del bambino e l’utilità concreta della nostra idea, che soddisfa un bisogno che esiste e a cui non si aveva pensato.

Ora che sei arrivato tra i finalisti del premio Entribù non hai più scuse per trasformare questa idea in un’attività. Prossimo step?

Capire meglio l’idea di business, perché è da definire più dettagliatamente, concepire meglio il valore aggiunto da presentare all’ospedale, perché avrebbe interesse a contattarci. Credo che ora l’ospedale si preoccupa prima della cura e poi del divertimento del bambino. Dobbiamo riflettere su qualcosa da presentare che vada oltre il divertimento.

Progetti per il futuro?

Di certo sviluppare questa applicazione, testarla nel territorio di Verona e nel Veneto in generale. Il sogno sarebbe di portarla fuori dal nostro territorio e perché no, sviluppare una versione multilingua da esportare anche all’estero.

Consigli per i giovani che vorrebbero investire in loro stessi come state facendo voi?

Non lamentarsi o non demoralizzarsi perché pare che non ci sia lavoro. Se non esiste allora devi creartelo te, così è come ho fatto io: non c’era un servizio adeguato in ospedale per intrattenere i pazienti, così ho deciso di creare un modo per far divertire i bambini in reparto ideando Beddy.

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