Mario Bucolo / PhotoSpotLand
Uno scatto che lascia il segno. Intervista a Mario Bucolo di PhotoSpotLand, la community per viaggiatori appassionati di fotografia e cultura.
[Intervista di Elisabetta Barreca]
Parole: 585 | Tempo di lettura: 2 minuti
Mario, qual è il tuo lavoro?
Bella domanda, una di quelle che mi pongono più spesso. Al momento faccio il fotografo professionista d'architettura part time e super full time faccio il fondatore di PhotoSpotLand.
Cos’è " PhotoSpotLand" e di cosa si occupa?
PhotoSpotLand è una community per viaggiatori appassionati di fotografia e cultura. Mette in connessione persone con passioni in comune: viaggi, fotografia e cultura, agevolandone e promuovendone l'incontro nella vita reale. Siamo l'unica piattaforma nel settore travel che non condivide fotografie. Al posto delle fotografie noi condividiamo come, dove, quando e con chi andare a far belle foto in bei posti. Su PhotoSpotLand i nostri utenti possono trovare, o far scoprire agli altri, i posti più belli al mondo e tutte le informazioni per scattare al meglio, l'attrezzatura necessaria, le ore migliori, come arrivarci, le cose da vedere vicino e le cose da evitare etc. In più recentemente abbiamo acquisito Museumland, il Portale Mondiale sui Musei e sulle destinazioni culturali che, dopo un'operazione di restyling che durerà due o tre mesi, sarà rilanciato, continuando a linkare ad oltre 20mila siti di destinazioni culturali in più di 140 nazioni. Diventerà anche l'hub internazionale per acquistare biglietti per musei e mostre.
Com’è nata l'idea?
Dall'osservazione delle reali necessità di chi viaggia e fotografa, essendo io stesso un viaggiatore ed al contempo un fotografo professionista.
Sei stato supportato da qualcuno in quest’ attività?
Ho creato un bel team anche con persone con le quali avevo già fatto squadra nel passato per altre mie iniziative. Un grosso aiuto è arrivato da un gruppo di early investor che ha creduto nel progetto sin dall'inizio.
Ostacoli economici?
Se si vuole creare una startup a livello internazionale servono soldi e in Italia a parte alcuni angels i fondi di Venture Capital sono pochi e quei pochi usano fondi pubblici e cercano di spolpare le start up anziché farle crescere.
Cosa vi differenzia dalle altre startup?
La differenza rispetto alle startup italiane è che non siamo proprio italiani al 100%, nel senso che il team è misto ci sono italiani-italiani, italiani-statunitensi, italiani-canadesi, italiani-svizzeri. La società principale è a Londra, quella italiana a Lesmo (MB). Siamo partiti subito con una forte connotazione e collocazione internazionale, così come direi un'altra decina, quindicina di startup italiane, non di più. Però ci teniamo alla nostra "italianità" ed infatti nel nostro piedino di copyright usiamo la seguente definizione: Made in London & NYC, designed in Catania & Monza, Italy. Loved WorldWide! Rispetto alle altre startup di Social Travel invece, noi siamo molto concentrati a ricondurre il social travel all'incontro tra i viaggiatori, tirandoli fuori dal confino del labirinto virtuale fatto di tablet, smartphone, web. Agevolando quindi gli incontri tra i nostri utenti. Sul versante fotografico spesso ci chiedono la differenza tra noi ed Instagram, su Instagram trovate la foto e a volte la geolocalizzazione della stessa, da noi trovate le informazioni sul come, quando, dove e con chi scattarla.
Progetti per il futuro?
Far crescere e scalare PhotoSpotLand, farla diventare attraente per i player del settore e venderla a non meno di 15milioni di dollari.
Cosa consigli ad un giovane che vuole intraprendere un'attività come la tua?
Estero, vada subito fuori dall'Italia, silicon valley in primis o New York o Londra. Senza perdere un istante. L'Italia è bella per farci le vacanze non per fare impresa, chi è giovane non ha legami ed è meglio se li costruisca direttamente all'estero. E senza farsi poi tentare dalle "sirene" del ritorno in Italia se non per una bella vacanza.
- Creato il: 13/03/2014
- Tipo: Testo
- Lingua:
- Tags: Viaggi Fotografia Start-Up Photospotland Mario Bucolo
- Bisogno: Best practise
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